Coronavirus e pagamento affitti: una causa di forza maggiore

Siamo di fronte ad una situazione straordinaria; le misure adottate dal Governo hanno portato alla chiusura forzata di molte attività che non consentono di recarsi nell'immobile per svolgerla se questa non rientra tra le poche autorizzate.

La legge sulle locazioni non contiene norme in tema di emergenza sanitaria e sospensione delle attività da parte delle istituzioni
- non vi è nessuna norma da applicare in questi casi, non esiste una disposizione generale e astratta che può essere applicata.

Senza disposizioni contrattuali ad hoc che prevedano l'ipotesi di forza maggiore (così come potrebbe essere inquadrata la situazione attuale) le regole generali  applicabili sono:
- l 'impossibilità dell'adempimento dell'obbligazione rilevante (articoli 1256, 1463 e 1464 c.c.);
- la risoluzione dell'accordo quando la sua esecuzione diventa eccessivamente onerosa (articolo 1467 cc).

I contratti di locazione sono accordi a lungo termine, e, quindi, si potrebbe applicare il regime dell'impossibilità temporanea e non quella permanente (che comporterebbe la risoluzione legale del contratto ai sensi dell'articolo 1463 cc).
Ai sensi dell'art. 1464 cc, (impossibilità parziale) in caso di temporanea impossibilità l'accordo rimane valido e in vigore, ma la parte inadempiente non sarà responsabile per il ritardo nell'esecuzione ex art. 1256 cc.

Pertanto, il proprietario, applicando il principio di buona fede potrebbe giungere a un accordo con l'inquilino al fine di definire un pagamento differito degli affitti (senza interessi o penali) o, eventualmente, un piano di rimborso degli affitti mensili non pagati dovuti dal conduttore durante il periodo di blocco.
In alternativa, in caso di impossibilità temporanea della prestazione, l'inquilino potrebbe avere diritto a una corrispondente riduzione del canone con il diritto di recedere se quest'ultimo non ha un interesse apprezzabile nella parziale prestazione.

Ma nel nostro caso (situazione d’emergenza sanitaria nazionale) si potrebbe affermare che l'impossibilità non esiste perché i locali affittati rimangono a disposizione dell'inquilino  e, di conseguenza, ricadiamo nell'ipotesi del mancato adempimento dell'accordo poiché è diventato eccessivamente oneroso.

Il recesso dal contratto per gravi motivi previsti dall'articolo 27, comma 8, della legge 392/1978 potrebbe anche essere invocato, se non rinunciato nei contratti, questo però richiede un preavviso di 6 mesi e determina l'impossibilità per l'inquilino di ricevere l'indennità di avviamento (x immobili commerciali).

Questo è il quadro giuridico generale in assenza di accordi contrattuali specifici.

Ciascun rapporto contrattuale può contenere clausole che regolano la possibilità di sospendere l'attività entro un certo limite temporale o altre clausole relative all'eccessiva onerosità sopravvenuta.
Andrà valutato caso per caso - contratto per contratto.

Ad oggi (30 marzo)  non vi sono,  provvedimenti che autorizzino la sospensione del pagamento dei canoni di locazione in favore di aziende, imprenditori, associazioni le cui attività sono state sospese e tanto meno per i privati cittadini.

Il locatore, in assenza del pagamento dei canoni, allo stato sarebbe legittimato ad agire per recuperarli e per promuovere un procedimento di sfratto per morosità (l'esecuzione degli sfratti è bloccata sino al 30/06/2020). La tempestiva formalizzazione al locatore della decisione di sospendere il pagamento del canone e delle relative motivazioni potrebbe frenare la proprietà dall’assumere iniziative contro il conduttore e dare a quest’ultimo quantomeno un po' di respiro circa questa obbligazione.

Sono in atto degli interventi di emergenza (ad oggi solo per le imprese) messi in atto dal Governo ed in grado di influenzare il processo di negoziazione.

Ad  oggi (30 marzo) sono:
• Articolo 65: credito d'imposta del 60% con riferimento all'affitto per il mese di marzo 2020 per gli edifici che rientrano nella categoria catastale C / 12 da compensare ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 9 luglio 1997 (ad eccezione di quelli indicati negli allegati 1 e 2 del DPCM dell'11 marzo 2020 - ad es. Commercio di prodotti alimentari, ipermercati, supermercati, discount, articoli medici e di profumeria, per igiene personale, saponi, detergenti , lavanderie, servizi funebri);
• il sostegno finanziario per le PMI da parte dello Stato;
• Articolo 89: istituzione di un fondo di sostegno per i settori dell'intrattenimento, del cinema e dell'audiovisivo.

Avv. Marcello Santamaria
Senior Partner dello Studio Legale Associato Santamaria

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