L’art 9 del dm n. 1444/1968 prevede le distanze minime tra costruzioni: la “distanza tra edifici” serve ad evitare la formazione di intercapedini pericolose o pregiudizievoli da un punto di vista sanitario.
Il consiglio di Stato, in sede di ricorso straordinario, dubitava della legittimità costituzionale dell’art. 103, comma 1 bis, della legge regionale n. 12/2005 della Lombardia che consentiva di derogare alle norme sulle distanze (Legge per il governo del territorio), nella parte in cui deroga alla distanza pari all’altezza del fabbricato più alto.
Art. 103, comma 1 bis, ai fini dell’adeguamento, ai sensi dell’articolo 26, commi 2 e 3, degli strumenti urbanistici vigenti, non si applicano le disposizioni del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), fatto salvo, limitatamente agli interventi di nuova costruzione, il rispetto della distanza minima tra fabbricati pari a dieci metri, derogabile tra fabbricati inseriti all’interno di piani attuativi e di ambiti con previsioni planivolumetriche oggetto di convenzionamento unitario. (comma introdotto dalla legge reg. n. 4 del 2008, poi così modificato dall’art 4, comma 1, lettera k), legge reg. n. 18 del 2019 – sblocca cantieri).
La corte costituzionale, con la nuova sentenza, si è pronunciata sulla legittimità costituzionale dell’art. 103, comma 1 bis, della legge regionale della Lombardia dell’11 marzo 2005, n. 12 (legge per il governo del territorio), nella parte in cui deroga alla distanza pari all’altezza del fabbricato più alto.
È applicabile la deroga (prevista dalla l.r.) ai limiti di distanza pari all’altezza tra costruzioni prevista dal dm n. 1444/1968.
La disciplina in esame salvaguarda per i soli interventi di nuova costruzione il rispetto della distanza minima tra i fabbricati pari a 10 metri e ne consente la deroga soltanto tra fabbricati inseriti all’interno di piani attuativi e di ambiti con previsioni planivulometriche oggetto di convenzionamento unitario.
Per effetto del decreto Sblocca Cantieri, ci sono delle novità circa le distanze minime tra edifici, previste dall’articolo 9, commi 2 e 3, del dm 1444/1968: si applicano obbligatoriamente solo alle zone C di espansione.
Nelle altre zone, ogni Ente può decidere quali regole seguire.
La Corte ha poi stabilito che gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, assicurando la coincidenza dell’area di sedime, del volume e dell’altezza dell’edificio riconosciuto con quello demolito.
Ferme restando le distanze minime di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile, fuori dai centri storici e dai nuclei di antica formazione la distanza minima tra pareti finestrate, di cui al comma 1 bis, è derogabile per lo stretto necessario alla realizzazione di sistemi elevatori a pertinenza di fabbricati esistenti che non assolvano al requisito di accessibilità ai vari livelli di piano (comma introdotto dalla legge reg. n. 4 del 2012).
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