Come riporta l’art. 1 della L.R. Lomb. n. 18/2019, la finalità principale della Regione è quella di arrivare all’effettiva riduzione di consumo di suolo, migliorando la qualità ambientale paesaggistica del territorio e degli insediamenti. Per questo è stata disposta la specifica disciplina per la rigenerazione urbana e territoriale che riguarda aree ed edifici.
I due termini essenziali che vengono opportunamente definiti dalla nuova Legge Regionale sono appunto “rigenerazione urbana” e “rigenerazione territoriale”.
Per la prima si tratta di un insieme coordinato di interventi urbanistico-edilizi che possono portare anche alla sostituzione, il riuso, la riqualificazione dell’ambiente costruito e la riorganizzazione dell’assetto urbano attraverso il recupero di aree degradate o sottoutilizzate o anche solo dismesse.
La rigenerazione territoriale risolve invece le situazioni di degrado urbanistico infrastrutturale, ambientale e paesaggistico ma anche di tipo sociale.
In particolare si tende a salvaguardare e ripristinare il suolo e le sue funzioni ecosistemiche e prevenire conseguenze negative per la salute umana.
È la Regione che deve promuovere entro il termine massimo del 14 giugno 2020 questi interventi, assumendo alcune delibere che devono individuare i criteri generali a cui ispirarsi e fornire altresì le metodologie a cui i Comuni devono poi ispirarsi per la individuazione degli ambiti della rigenerazione nonché per poter fornire incentivi sia da un punto di vista finanziario che edilizio.
Molto importante la funzione della “Carta del consumo di suolo” introdotta dalla L.R. n. 31/2014, tant’è che è espressamente imposto, con una modifica apportata proprio dalla recente Legge n. 18/19, che l’approvazione della Carta del consumo di suolo costituisce presupposto necessario e vincolante per la realizzazione di interventi edificatori, sia pubblici che privati che siano anche solo parzialmente a consumo di suolo.
I Comuni dovranno entro il 12 maggio 2020 individuare gli ambiti dove è possibile la rigenerazione urbana e territoriale e, devono essere individuate azioni volte alla semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi nonché all’incentivo degli interventi di rigenerazione urbana di elevata qualità ambientale, prevedendo infine degli usi temporanei per immobili oggetto della rigenerazione, consentiti prima e durante il processo di rigenerazione stessa.
È importante considerare che i diritti edificatori attribuiti a titolo di perequazione devono essere collocati privilegiando appunto gli ambiti di rigenerazione urbana.
La L.R. n. 18/19 introduce notevoli modifiche alla L.R. n. 12/2005, sempre per questa finalità di favorire la rigenerazione urbana e territoriale. Vengono promosse anche forme associative tra Comuni e possono portare alla perequazione territoriale intercomunale anche attraverso la costituzione di un fondo finanziato con risorse proprio con quote degli oneri di urbanizzazione.
Altro elemento importante è il rafforzamento del ruolo del Piano Territoriale Regionale (PTR) quale strumento di riferimento per la coerenza del complesso delle pianificazioni fino al livello comunale.
Per lo specifico settore del commercio è richiesta l’individuazione degli ambiti del Distretto del commercio di cui all’art. 5 della L.R. n. 6/2010 al fine di ottenere la premialità e favorire quindi l’insediamento di esercizi commerciali di vicinato e artigianale di servizio, in edifici dismessi o degradati in ambito urbano.
Per gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, l’indice di edificabilità massimo previsto dal PGT è incrementato fino al 20% sulla base di criteri che però deve stabilire la Giunta Regionale, lasciando comunque facoltà ai Comuni di modulare tale incremento e di individuare anche aree o immobili specifici a cui tale agevolazione non è riservata. Per poter ottenere l’incremento però è necessario rispettare una serie di requisiti che sono stati opportunamente riportati all’art. 11 della L.R. n. 12/2005.
Tra questi va segnalato il fatto che sono consentiti gli interventi di chiusura di vani aperti finalizzati alla riduzione del fabbisogno energetico dell’edificio.
Nel medesimo articolo della L.R. n. 12/2005 è altresì inserita la previsione che i volumi necessari per consentire la realizzazione degli interventi edilizi e l’installazione degli impianti finalizzati all’efficientamento energetico, al benessere abitativo o anche all’aumento della sicurezza delle ricostruzioni relativamente a rischio sismico sul patrimonio edilizio esistente, non sono computati, nel limite del 10% ai fini dei calcoli per le altezze minime e massime, salvo solo le previsioni igienico sanitarie.
Tra le altre modifiche previste alla L.R. 12/2005 vi è anche la eliminazione della definizione delle tipologie di intervento, per cui l’art. 27 della L.R. n. 12 che riguarda appunto gli interventi edilizi rimanda espressamente ed esclusivamente all’art. 3 del D.P.R. 380/2001, posto che è di competenza statale la definizione degli interventi.
Una specifica norma è stata poi introdotta nella L.R. 12 a proposito del patrimonio edilizio dismesso con criticità per cui gli immobili di qualsiasi destinazione d’uso, dismessi da oltre 5 anni, che causano criticità per uno o più aspetti relativi a salute, sicurezza idraulica, problemi strutturali, inquinamento, degrado ambientale e urbanistico, vengono individuati dal Comune entro il 14/6/2020 e usufruiscono di un incremento del 20% dei diritti edificatori derivanti dall’applicazione dell’indice di edificabilità massimo previsto, e sono esentati, nell’ambito dei relativi interventi, dall’eventuale obbligo di reperimento di aree per servizi e attrezzature pubbliche di interesse pubblico o generale.
Nei casi di demolizione, l’incremento del diritto edificatorio del 20% si applica per un periodo massimo di 10 anni dalla data di individuazione dell’immobile quale dismesso.
Se il Comune non individua determinati immobili o comunque decorsi i termini della delibera consiliare di individuazione di tali immobili, comunque chi è interessato può con perizia asseverata giurata certificare, oltre alla cessazione dell’attività documentata anche mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio, gli immobili dismessi con criticità, al fine di usufruire delle agevolazioni.
In relazione a tali immobili il proprietario deve presentare entro tre anni dall’avvenuta notifica della individuazione, una richiesta di titolo edilizio; qualora ciò non avvenga, il Comune ingiunge al proprietario la demolizione degli edifici interessati o, in alternativa, i necessari interventi di recupero e/o messa in sicurezza, da effettuarsi entro un anno.
Decorso infruttuosamente il termine, il Comune provvede in via sostitutiva, con l’obbligo di rimborso delle relative spese a carico della proprietà.
A quest’ultima comunque è riconosciuto l’indice di edificabilità previsto dallo strumento urbanistico e possono essere quindi perequati e confluiscono nel registro delle cessioni dei diritti edificatori previsti dall’art. 11 comma 4 della L.R. n. 12/2005.
Anche per gli edifici rurali dismessi o abbandonati vi è una nuova specifica disciplina che ne favorisce il recupero e il riuso anche diverso da quello agricolo.
Si deve trattare di edifici abbandonati o dismessi da almeno tre anni e non devono essere abusivi.
Si deve trattare di edifici esistenti alla data del 14/12/2019 e necessita comunque una delibera del Consiglio comunale di individuazione.
Per questi interventi è prevista la riduzione dei contributi di costruzione del 50% che non è dovuto nel caso di uso agricolo.
Per la ristrutturazione edilizia in generale invece anche con demolizione e ricostruzione per i quali è sempre consentita la diversa sagoma o per gli interventi di ampliamento mediante utilizzo di premialità dei diritti edificatori, gli oneri di urbanizzazione sono riferiti alla volumetria o alla superficie interessata dall’intervento e sono quelli stabiliti per gli interventi di nuova costruzione, ridotti del 60%.
È fatta salva per i Comuni la facoltà di deliberare ulteriori riduzioni.
Penalizzati invece gli interventi a consumo di suolo. E’ prevista una maggiorazione percentuale del contributo relativo al costo di costruzione nel caso di consumo di suolo agricolo nello stato di fatto di aree non ricomprese nel tessuto urbano consolidato pari al 30% che si riduce al 20% per gli interventi invece che riguardano il tessuto urbano consolidato. Sale al 50% per gli interventi di logistica non incidenti sulle aree di rigenerazione.
A proposito della disciplina delle destinazioni d’uso, fermo restante che spetta al PGT la indicazione della funzione insediabile nelle varie zone, è consentito anche in deroga a tali prescrizioni o limitazioni la diversa destinazione rispetto a quella principale assegnata: sono tra di loro urbanisticamente sempre compatibili le destinazioni residenziali, commerciali di vicinato, artigianale di servizio, nonché le destinazioni direzionali e per strutture ricettive fino a 500 mq. di superficie lorda. Queste destinazioni possono coesistere senza limitazioni percentuali ed è sempre ammesso il passaggio dall’uno all’altra salvo che ciò sia espressamente escluso dal PGT.
Nelle superfici urbanizzate come definite dal PTR è comunque sempre ammessa una modifica di destinazione d’uso anche in deroga alle indicazioni del PGT e la stessa non è assoggettata al reperimento di aree per servizio di interesse generale.
L’art. 5 della L.R. 18/19 introduce il necessario riallineamento delle norme di cui alla L.R. n. 12/2005 alla disciplina del DPR n. 380/2001, per cui si specificano le attività di edilizia libera nonché quelle assoggettate a CILA a SCIA ed a permesso di costruire.
Le ulteriori agevolazioni sono infine introdotte per quanto riguarda l’insediamento di medie strutture di vendita, perché nei centri abitati dei Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti possono avvenire attraverso il recupero di edificato esistente previo accertamento di idonee condizioni di accessibilità pubblica e pedonale.
In questi casi la dotazione di parcheggi pubblici o di uso pubblico può essere definito da apposita convenzione con il Comune anche in deroga alle dotazioni minime previste dal PGT e con possibilità di individuare parcheggi limitrofi sostitutivi per l’utenza.
La L.R. n. 7/2017 che consentiva il recupero dei seminterrati, viene estesa anche al recupero dei piani terra, apportandovi le opportune modifiche per questa specifica finalità.
I Comuni possono tuttavia escludere edifici da questa possibilità e si deve trattare di piani terra esistenti alla data del 14/12/2019.
I Comuni possono individuare le esclusioni comunque non oltre il 30/6/2010.
Un ultimo breve accenno merita la modifica ai nuovi PII la cui disciplina viene adattata all’obiettivo di favorire la rigenerazione urbana con i relativi opportuni incentivi.
Non mancano infine le disposizioni finanziarie per cui sono previsti incentivi per favorire l’avvio di processi di rigenerazione urbana e per la redazione di relativi studi di fattibilità urbanistica ed economico-finanziaria nonché le spese di demolizione o messa in sicurezza sostenute per il recupero del patrimonio edilizio dismesso a elevata criticità qualora il Comune abbia attivato l’intervento in via sostitutiva.
Queste importanti modifiche richiederanno senza dubbio un ulteriore intervento regionale per la definitiva revisione della L.R. n. 12/2005.
Avv. Bruno Santamaria
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